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Questioni aborigene
200 anni di deportazioni e genocidio

Quando, nel 1788, la Gran Bretagna fondò la prima colonia penale in Australia, in quel continente vivevano probabilmente
almeno 750.000 Aborigeni. Ma la dottrina giuridica della "terra nullius" (terra di nessuno) dichiarò che il quinto continente
era disabitato. Cominciò la caccia agli Aborigeni. Nel 1830 ne sopravvivevano soltanto 80.000. Soltanto nel 1992 la Suprema
Corte australiana dichiarò l'invalidità della dottrina della "terra nullius".
L'espulsione da parte degli allevatori di bestiame e delle società minerarie, come anche i trasferimenti forzati, ad esempio
nel corso degli esperimenti atomici britannici tra il 1953 ed il 1963, hanno sempre più emarginato gli Aborigeni. Solo per
pochi di loro è ancora possibile vivere di caccia e raccolta come i loro antenati. La maggior parte vive nel Territorio del Nord
e negli Stati federali del Queensland e del Nuovo Galles del Sud. Vi sono poi gli isolani dello Stretto di Torres, insediati nelle
isole site nel braccio di mare che separa l'Australia dalla Nuova Guinea.
L'attacco ai diritti alla terra aborigena


Nel luglio 1998, con una modifica alla legislazione sui diritti territoriali (Native Title Amendment Act), il Governo Howard ha
di nuovo limitato drasticamente i diritti territoriali fino ad allora faticosamente riconquistati. Con la sentenza Mabo, del 1992,
e la sentenza Wik, del 1996, gli Aborigeni avevano ottenuto il riconoscimento delle proprie pretese sulle terre di tradizionale
insediamento; anche se già allora i giudici avevano aggiunto che gli affittuari dei pascoli e le imprese minerarie attive nei
territori rivendicati godevano di una tutela che, a seconda delle circostanze, poteva essere maggiore di quella dei tradizionali
diritti territoriali degli Aborigeni. Con la nuova legge, invece, tutte le rivendicazioni territoriali degli Aborigeni sono state
dichiarate secondarie e subordinate in principio agli interessi degli allevatori bianchi o delle società. Nonostante le proteste
internazionali contro questa legge razzista, il Governo Howard non ha invertito la rotta.
Alla nuova legislazione consegue l'eliminazione dei tradizionali diritti della comunità indigene. Yvonne Margarula,
portavoce degli Aborigeni Mirrar ed intestataria del titolo territoriale sull'area dove dovrebbe sorgere la miniera di uranio di
Jabiluka, è stata arrestata per aver occupato in forma non violenta il cantiere minerario. La terra dei Mirrar si trova come
un'enclave nel mezzo del Parco Nazionale di Kakadu, inserito dall'UNESCO nelle liste del "patrimonio naturale
dell'umanità".
Con la sentenza "Yanner" dell'ottobre 1999, la Corte Suprema di Canberra permette sì agli Aborigeni di esercitare il proprio
tradizionale diritto di caccia e pesca, ma limitatamente alle necessità del consumo personale. Alcuni Stati federali ed
alcuni ambientalisti hanno protestato, affermando che questa sentenza permetterebbe agli Aborigeni di cacciare anche in
aree protette e di mettere in pericolo specie animali rare. Fino ad oggi i diritti tradizionali degli Aborigeni sulla terra, sulle
acque, sulle risorse vegetali ed animali, sui sentieri e sulle località sacre sono considerati un impedimento allo sviluppo
secondo il modello europeo
.
Poverta' e disoccupazione


Le organizzazioni aborigene segnalano da anni il doppio standard in materia di sanità. La speranza media di vita delle donne
aborigene è di 62 anni; quella degli uomini di 57; mentre le medie australiane sono rispettivamente di 81 e 75 anni. Malattie
come il diabete, l'asma ed i disturbi cardiaci, come anche la sifilide, la lebbra ed il tracoma (una malattia infettiva degli occhi
che porta alla cecità) sono diffuse fra gli Aborigeni in misura molto superiore alla media. Molti bambini soffrono di anemia, di
infezioni da parassiti intestinali, e di danni cerebrali riconducibili a carenze alimentari. Il Governo Howard riferisce cinicamente
che l'80% dei problemi sanitari sarebbero causati dall'alcool, dal fumo e dalle cattive abitudini alimentari.
Il tasso di disoccupazione degli Aborigeni oscilla tra il 38 ed il 50% (la media nazionale è tra il 9 ed il 10%). Più della metà
dei giovani Aborigeni non trova lavoro dopo la scuola. Nelle zone rurali le scuole medie e superiori si trovano a più di 100 km
di distanza dalle comunità. Solo il 20% circa degli Aborigeni parla ancora la propria madrelingua.

Aborigeni vittime del razzismo

A pochi giorni dall'apertura a Sydney della 27. Olimpiade, il Governo Federale australiano ha vietato l'ingresso nello Stato
agli esperti del Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione delle discriminazioni razziali (CERD). L'immagine di calore ed
ospitalità che in occasione dei Giochi l'Australia vuole dare di sé, sarebbe vistosamente oscurata dalle notizie
sull'oppressione degli abitanti originari del continente. Agli Aborigeni australiani è stata vietata ogni protesta nei pressi degli
impianti sportivi.


Insieme con gli Aborigeni australiani, l'Associazione per i Popoli Minacciati intende protestare per le violazioni commesse
dal Governo australiano ai danni dei trattati internazionali sui diritti dei popoli. Esortiamo il Primo Ministro australiano, John
Howard
, a voler finalmente collaborare con l'ONU ed a presentare, in occasione delle Olimpiadi le proprie pubbliche ed
ufficiali scuse agli Aborigeni per due secoli di genocidio, usurpazione di terre e di discriminazione razziale.
Il termine "Aborigeni" è riferito al complesso delle comunità degli abitanti originari dell'Australia, che oggi, con circa
3-400.000 membri, costituiscono il due per cento circa della popolazione australiana. Più della metà di queste persone
vegetano ai margini della società. Da quando, nel 1996, ha preso il potere il governo liberal-conservatore di John Howard, il
processo di riconciliazione con gli Aborigeni, cominciato nel 1991, è in fase di stallo. Il Governo Howard ha decurtato del
10% annuo il bilancio della "Commissione degli Aborigeni e degli Isolani dello Stretto di Torres" (ATSIC), organo di
autonomia amministrativa degli Aborigeni, e ne ha notevolmente ridotto le competenze.
Nel 1998, con una nuova legge, il Governo ha tolto ogni valore ai diritti territoriali tradizionali degli indigeni, fino ad allora
riconosciuti. Agli Aborigeni è negato un negoziato fondato sul proprio diritto all'autodeterminazione. Il Governo federale rifiuta
di scusarsi per la sottrazione di 100.000 minori alle proprie famiglie tra il 1930 ed il 1970, classificabile come genocidio. Gli
Aborigeni soffrono in maniera spaventosa di malattie legate alla povertà, e vengono arrestati anche per reati di pochissimo
conto. Nei confronti degli indigeni il razzismo è onnipresente: sia nella vita quotidiana, sia nella politica governativa. Nel
1999 e nel 2000, il comitato di esperti delle Nazioni Unite per l'Eliminazione della discriminazione razziale ha richiamato
l'Australia, affinché realizzi urgenti riforme.
Il carcere per i reati minori


L'apporto degli Aborigeni alla popolazione carceraria è fra gli uomini 12 volte, e fra le donne 14 volte più alto rispetto a quello
della popolazione bianca. Nel nuovo Galles del Sud i minori aborigeni possono essere arrestati anche per il mero sospetto di
un possibile reato. Nel Territorio del Nord i minori possono essere arrestati anche per reati di minima gravità. Nel 1998 una
tredicenne accusata di reati minori è stata detenuta per sei settimane ad oltre 1.500 chilometri di distanza dalla sua famiglia,
senza alcuna possibilità di mantenere un contatto con essa. Statisticamente la metà degli Aborigeni di sesso maschile tra i
20 ed i 24 anni è stata arrestata almeno una volta negli ultimi cinque anni. Gli arresti più discussi sono quelli per
ubriachezza, "contegno indecoroso", offesa a pubblico ufficiale e resistenza alla forza pubblica. Poiché spesso la povertà
degli Aborigeni non permette loro il pagamento delle pene pecuniarie previste, si procede al loro arresto. Le condizioni di
detenzione sono degradanti ed il numero dei suicidi è spaventosamente alto. Nel 1996 un aborigeno sedicenne, rinchiuso per
sospetta ubriachezza (!), s'impiccò nella sua cella nel carcere di Alice Springs. Prima della sua morte la polizia non ne aveva
controllato le condizioni psicologiche; dopo la morte non ne avvisò la famiglia. Sebbene le condizioni disumane delle carceri
siano note da anni, chi di dovere si è finora mostrato sordo a tutte le raccomandazioni delle commissioni d'inchiesta.
La "generazione rubata"


Dalla pubblicazione, avvenuta nel 1997, del rapporto "Bringing them home" sui bambini separati a forza dai loro genitori,
redatto da una sottocommissione di Stato, l'espressione "generazioni rubate" (stolen generations) è divenuta l'emblema
della discriminazione permanente. Il rapporto stima che almeno 100.000 bambini siano stati sottratti alle famiglie tra il 1930
ed il 1970. Le autorità avrebbero strappato i bambini dalle famiglie, con l'intenzione di privarli della propria identità culturale.
Il rapporto svela la spaventosa incidenza dei maltrattamenti fisici e psicologici subiti dai bambini nei collegi statali od
ecclesiastici. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite per la Prevenzione e la Repressione del genocidio del 1948 (art.
IIe), il "trasferimento violento dei minori da un gruppo all'altro" integra gli estremi del genocidio.
Negli anni '50 Peter Gunner, che allora aveva sei anni, fu separato dalla propria famiglia. Interrogato come testimone da un
tribunale, alla domanda se sua madre od altri suoi familiari abbiano corso dietro al camion che lo portava via da loro,
rispose: "L'unica cosa che mi ricordo è che gridai con tutte le mie forze e che cercai di scappare [...]". Peter Gunner fu
portato al St. Mary Hostel di Alice Springs. La prima sera fu picchiato con una cinghia, per aver preso la coperta dal letto,
volendo dormire a terra com'era abituato.
Il tasso di delinquenza degli Aborigeni di sesso maschile sradicati a forza è quasi il doppio di quello degli Aborigeni
cresciuti nelle proprie famiglie. Altrettanto superiore alla media è la dipendenza da droghe. Alcuni Stati federali e la Chiesa
evangelica hanno chiesto scusa agli Aborigeni per questo delitto. Al contrario il Governo federale di John Howard non solo
rifiuta loro le proprie scuse ufficiali, ma cerca anche di minimizzare la gravità delle violazioni dei diritti umani. Il Ministro per
le questioni aborigene, John Herron, sostiene che sia stato coinvolto "solo" il 10% dei bambini, mentre dalle indagini della
Commissione australiana per i diritti umani risulta che ne è stato colpito almeno un bambino su tre. Fino ad oggi la
percentuale dei bambini sottratti alle famiglie è tre volte più alta fra gli Aborigeni che nella popolazione complessiva.
La farsa del "processo di riconciliazione"


Nel 1991 il Governo australiano lanciò un "processo di riconciliazione". Fra i discendenti dei coloni bianchi e degli abitanti
originari, sarebbe dovuto sorgere un nuovo contratto sociale. Per dieci anni rappresentanti di Stato, Chiese ed associazioni
discussero in una commissione con gli Aborigeni. Alla fine di maggio del 2000 il governo Howard pubblicò solennemente un
"documento conclusivo", che si esaurì in un discorsetto di cosmesi, privo delle scuse formali attese da tutti gli Aborigeni
per i crimini del passato, e che comunque non accoglie le richieste fondamentali degli Aborigeni: i diritti territoriali ed una
regolamentazione contrattuale fondata sul diritto all'autodeterminazione. Disgustati dall'umiliazione, i rappresentanti degli
Aborigeni non parteciparono alla cerimonia conclusiva.

Questo è la " Dichiarazione Australiana per la riconciliazione "

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